martedì 10 gennaio 2012

Pierino contro tutti (1981)

   Apriamo oggi una nuova rubrica dedicata ai fondamenti istituzionali della Repubblica Popolare Scatologica, ossia i film di Pierino, che verranno recensiti uno ad uno e verranno catalogati in tre differenti sezioni: una per i Pierini ufficiali, una seconda per i Pierini apocrifi ed una terza per i Pierini inediti e mai realizzati.
   Incominciamo, ovviamente dal primo grande assoluto prototipo, Pierino contro tutti di Marino Girolami. Due milioni e cinquecento mila spettatori alla prima visione, dieci miliardi di incasso, tutti per la Nuova Dania (una branca della Medusa di Luciano Martino) e nulla per il povero Alvaro, che ha un contratto anomalo con il produttore, per cui lui viene regolarmente stipendiato a condizione di fare un tot di film all’anno. Un contratto (che allo scadere nemmeno gli verrà rinnovato lasciandolo sul lastrico) che va bene per un caratterista, quale era appunto Alvaro fino a questo film, ma non per un protagonista che ti regge tutto il film da solo. Ma tant’è.
   L’idea per questo capolavoro immortale viene al regista Marino Girolami (trent’anni di carriera alle spalle): la commedia erotica alla Banfi / Montagnani (di cui Alvaro è il migliore gregario), dopo sei anni di gloria, ha il fiato cortissimo e quindi occorre una ulteriore sapiente evoluzione drammaturgica, con promozione sul campo delle seconde linee. Girolami dice: facciamo un film sulle barzellette di Pierino? Ci compriamo il libro e ogni giorno andiamo sul set e decidiamo quali girare e quali no. Poi montiamo tutto. Zero spese, zero scenografie, zero tempo e massimo risultato. Il massimo risultato deriva però dal fatto che il tutto viene fatto nel 1981, quando il cinema italiano non è ancora deceduto, e quindi si dispone di attori, caratteristi, generici, comparse, tecnici delle luci e del suono, cameraman eccetera. Tutti sanno quello che devono fare e lo sanno fare, quindi basta l’idea geniale. L’idea geniale si chiama Alvaro Vitali, comico selvaggio, che a trent’anni esatti ne potrebbe anche dimostrare quindici e che ha il grembiule di Pierino cucito addosso (come Anthony Perkins quello di Norman Bates, e come Frenandel quello di Don Camillo) e che purtroppo per lui non riuscirà più a scucirselo, nemmeno adesso che di anni ne ha sessanta. Ma c’è anche un antefatto: Alvaro sui banchi di scuola ce lo ha messo sette anni prima niente meno che Federico Fellini, che gli fa interpretare Naso, uno degli studenti sporcaccioni di Amarcord, premio Oscar. Da lì, il tema della scuola ispira la commedia erotica, nata l’anno dopo (1975), con L’insegnante di Nando Cicero. La genesi ce la spiega Marco Giusti, che ricorda i tre elementi che si fondono per dare vita al nuovo genere: la Sicilia pruriginosa stile Malizia con onorevole corrotto stile Giovannona Coscialunga (anche qui interpretato da Vittorio Caprioli), la Fenech come dirompente bellezza autoironica (anch’essa proveniente da Giovannona), e il tema della scuola, appena trattato da Fellini, con Alvaro studente somaro e scureggione. Da lì in poi e per sei anni è un tripudio di dottoresse, infermiere e supplenti il più svestite possibili ed accompagnate da Banfi, Montagnani e Carotenuto, con Alvaro sempre tra i banchi di scuola (a volta anche come bidello e professore), fino appunto a Pierino, il punto di non ritorno.
      Pierino è innamorato della supplente e provoca continuamente incidenti alla maestra cessa per farla sostituire. Nel frattempo trova un cane e se lo porta sempre dietro, aiuta il padre e la madre all’osteria, combinando però solo casini, e rovina la festa di fidanzamento della sorella.
La trama, comunque, non c’è. Sono barzellette, per lo più legate alla merda ed alle scuregge, sceneggiate alla bell’e meglio e magistralmente interpretate da Alvaro, con la sua mitica risata da ebete: “Prrrrrrrrrrr – Mamma che cos’era quel rumore? – Niente, era il cannone che annuncia il mezzogiorno – A signo’, guardi che deve regolare il culo, chè va un quarto d’ora avanti!”. Roba immortale, destinata a non tramontare mai. E con un cast di supporto tagliato per quella parte: il vecchio Riccardo Billi è il nonno reduce di guerra e rincoglionito, il mitico Enzo Liberti il padre oste, Sofia Lombardo la maestra brutta, il doppiatore Michele Gammino il maestro di ginnastica e Michela Miti diciottenne la supplente bona, alla quale cadono i fogli dalla cattedra e Pierino e due compagni si gettano sotto il tavolo per raccoglierli e guardarle le mutande. “Tu cos’hai visto? – Niente, il polpaccio e il ginocchio – Una settimana di sospensione! E tu cos’hai visto? – Io, un po’ più in su – Un mese di sospensione. E tu Pierino cos’hai visto? – E io è meglio che ritorno ‘st’altr’anno!”. E poi ogni barzelletta ha un caratterista come contraltare di Alvaro: Vincenzo Crocitti è l’uomo morsicato alle palle dal serpente, Giulio Massimini il consuocero, Francesca Romana Coluzzi la donna che ha paura dei gatti, Enzo Robutti il ferramenta pignolo, Enzo Garinei il cliente scocciato, Dino Cassio il tassinaro stronzo, Salvatore Baccaro l’uomo che guarda la partita al flipper, Franco Caracciolo la checca al bar, Alfredo Adami il bidello Alfonso (“Alfonso? – Siii? – Nun fa lo stronzo!”).
   La fotografia terribile magnifica l’arte di Alvaro, che lancia il tormentone “Col fischio o senza?”. L’altro tormentone è il tema della sigla, per ora solo musicale, che resterà nell’immaginario collettivo fino ai giorni nostri. Rivisto oggi funziona e continua a funzionare: è il primo vero barzelletta movie riuscito italiano. Altro che i Vanzina!

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